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Eventi Golosi

Identità Golose 2021: secondo giorno

La seconda giornata di Identità Golose è stato un susseguirsi di interventi molto interessanti. Buona lettura!
QUI il primo giorno
QUI il terzo giorno

photo credit: Brambilla- Serrani

A destra il sindaco di MilanoGiuseppe Sala, che ha aperto la seconda giornata di Identità Golose dichiarandosi molto ottimista per quanto riguarda il futuro del capoluogo lombardo: “Bisogna però lavorare sempre di più sul buon nome e sulla serietà della città”. E poi, ricordando che la politica deve essere coraggiosa: "ora con idee nuove potremo tornare a costruire il nostro futuro". Accompagnato da Claudio Ceroni founder di Identità Golose (a sinistra) ha visitato gli stand e risposto alle domande dei vari operatori.


Carlo Cracco: uno chef di carattere che non segue le tendenze“E’stato un periodo difficile, ma vi sono segni che fanno sperare in una ripresa”, questo il parere di Carlo Cracco che, a Identità Golose, non ha cucinato piatti in live, ma ha preferito presentare in video tutti i piatti del suo menu degustazione ora in carta nel ristorante Cracco in Galleria a Milano.
L'insalata russa caramellata: un piatto sempre attualissimo anche se sono passati 20 anni dalla sua creazione. Praticamente lo chef è riuscito a racchiudere l'insalata russa in uno scrigno trasparente di isomalto e glucosio che subito conquistò occhi e palato degli intenditori.
Bombolone alle alghe e ricci di mare: un pane alle alghe, definito dallo chef una specie di "maritozzo evoluto" farcito con ricci di mare e crema al caffè. 
Sea salade world tour: racconta di viaggi intorno al mondo durante i quali scopre e raccoglie gli ingredienti più vari che poi studia ed assembla. Una gelatina naturale è l'elemento che tiene insieme questa inusitata insalata.
Gambero viola croccante e funghi " un gambero inaspettato che racconta la biodiversità e la differenza del nostro mare meglio di chiunque altro crostaceo, allungandone la storia".
Think Green: attraverso il kiwi traduce in sapori la filosofia green.
Carpaccio di melanzana alla Norma: un amalgama di preparazioni diverse, assemblati in modo completamente diverso. Insomma una “lirica” gastronomica.
Pesto patate e fagiolini: "Un piatto che fa pensare alla Liguria. Io adoro le patate, che in cucina rappresentano molto. Amalgamo patate e fagiolini con il pesto e avvolgo il tutto nella patata".
Spaghettone tiepido, ristretto di pesce alla brace, sedano e pomodoro allo zenzero: " l'idea per cui la pasta raccoglie l’essenza del pesce e lo racconta attraverso il pomodoro e lo zenzero».
Zuppa Pavese: "Un piatto del Cinquecento. Non è una ricetta ma la somma di tanti ingredienti raccolti in quel momento e serviti. L’abbiamo tramandata con un brodo più sofisticato con un tocco di formaggio. E l’uovo, un uovo di montagna".
Crema di mandorle al sentore di affumicato, prezzemolo bollito e midollo di vitello fondente: il midollo è un omaggio a Milano e alla cucina lombarda che ne valorizzato al meglio l’impiego.
Polpa di pomodoro, erbe balsamiche e ciliegie in conserva: un predessert, un intermezzo, con le ciliegie sottaceto e una componente di sale la "fanno da padrone".
Crema all’amaretto, pesche alla melissa, cacao e Alkermes: un omaggio al grande Marchesi.
Carlo Cracco ha concluso il suo intervento auspicando che i giovani chef, oggi disillusi, si appasionino di nuovo a questo lavoro reso più giusto grazie anche alla aiuto delle istituzioni "Ho promesso loro, ai ragazzi, che un giorno lavoreranno meglio".

Antonia Klugman: l' importanza del gruppo nell'esecuzione di un piatto.
Antonia Klugman, chef-patron dell’Argine il ristorante aperto a Vencò (Friuli -Venezia Giulia, nel corso del suo appassionato intervento a Identità Golose ha rivelato che durante il periodo del Covid la differenza sostanziale “l'ha fatta il gruppo”. Lei e il suo team hanno infatti vissuto isolati per tanto tempo, ma la capacità di reinventarsi di settimana in settimana è stata possibile in quanto si conoscevano molto bene tra loro e i ragazzi erano perfettamente consapevoli delle tecniche della sua cucina. Questo è stato un valore aggiunto incredibile per l’azienda. Antonia si è resa conto che il suo processo creativo si è evoluto nel tempo fermo restando che "l'esecuzione rimane un momento sostanziale nella vita di un piatto che si rinnova quotidianamente ed  è a sua volta fondamentale". A suo parere non esiste una regola sul modo giusto di costruire un piatto a parte l'autenticità del rapporto che si deve creare tra il cuoco e l'ingrediente. Ed ecco le due creazioni presentate a Identità Golose.  
Il primo piatto è una zuppa di zucchine che "mette insieme" il tutto della pianta: l'orto, il suo fruttivendolo, i due contadini che in contemporanea per tutta l'estate la riforniscono del gambo, delle foglie, del fiore della zucchina novella, delle zucchine medie, delle zucchine grandi. Oltre alle zucchine nella zuppa vi sono due ingredienti tipicamente italiani: il riso e l'alloro. Il riso frullato, spezzato e setacciato attraverso due diversi setacci per ottenere una granella perfetta viene cotto per 4 minuti in un brodo ricavato da zucchine grandi prima arrostite in una padella di ferro (che conferisce un gusto "quasi carnivoro), poi bollite per 15 minuti fino ad ottenere un brodo denso, corposo senza grassi e leganti. Quindi si aggiungono zucchine medie spadellate, zucchine novelle tagliate sottili, le foglie della zucchina, i gambi privati dei fili e  i fiori. Dall’alloro ha ricavato una polvere e anche un olio aromatizzato poi estratto a freddo partendo dalle foglie fresche. Il quarto ingrediente di questo piatto nasce da "un ghiribizzo dell'ultimo momento": la tapioca infusa in un latte di soia aromatizzato al cren. Alla fine si gusta una zuppa senza glutine, senza latticini e senza sprechi: di ogni ingrediente si è usato tutto.  La Klugman conclude la presentazione della sua  zuppa affermando che questo "piatto semplice negli ingredienti, si chiude nelle mani e grazie alle mani di Salvo (uno dei ragazzi del team ndr). Un particolare che ci riporta alla concretezza in cucina, perché qualsiasi idea creativa io posso aver avuto, se Salvo sbaglia l’esecuzione, si butta via tutto. E’ giusto interrogarsi sul ricordo che lo chef porterà del mio piatto, ma devo anche riconoscere l’unicità di quello spazio, di quella intercapedine che c’è tra me e chi cucina accanto a me".
Per  introdurre il secondo piatto Antonia Klugmann racconta dei due obiettivi che si è posta nella gestione del suo ristorante durante questi ultimi due anni così complicati. II primo: lavorare abbastanza  per potersi permettere un giorno di riposo in più; il secondo: adoperare carni solo di allevamenti locali sostenibili e pesci, se possibile, mai da pesca a strascico. Entrambi gli obbiettivi sono stati centrati. Quindi, su suggerimento del suo macellaio, Antonia ha deciso d’interpretare la fesa, un taglio difficile  sia per la struttura, sia per la marezzatura che rendono complicata l' esecuzione del piatto. La fesa prima tagliata a fette sottilissime viene poi passata, fetta per fetta, in burro chiarificato e aromatizzato con erbe tipiche della tradizione italiana come salvia, timo, rosmarino e alloro. La carne non deve cuocere né troppo, né troppo poco (saprà di sangue e ferro), né troppo a lungo (smetterebbe di essere morbida): alla fine la sua cottura sarà a bassa temperatura, ma espressa in modo da rimanere rosa e brillante. Viene servita appoggiata tiepida su un purè di patate montato solo con acqua, olio e una spolverata di pepe che conferisce una nota aromatica tenendo però sempre presente che la vera protagonista di questo piatto è la carne.   

 


Omaggio ad  Andrea Paternoster
Abbiamo recuperato le forze, messo insieme energie per proseguire il lavoro di Andrea Paternoster, nostro padre. Oggi, più che mai, ci sentiamo un’azienda e una grande famiglia.” Con queste parole su twitter Elena e Francesca Paternoster hanno espresso anche a Identità Golose la loro volontà di continuare come “apicoltrici” il lavoro di Andrea il loro grande papà.
E dopo le figlie, sono saliti sul palco gli amici Massimilano Alajmo, Alfio Ghezzi e  Corrado Assenza per ricordare l’amico scomparso pochi mesi fa in un incidente automobilistico. E lo hanno voluto ricordare non solo come fondatore di mieli Thun, ma anche per le tante esperienze vissute insieme e con la presentazione di alcune ricette inerenti ai suoi mieli.

Massimiliano Alajmo, racconta dell'ultimo incontro durante il quale avevano parlato di miele e di caffè e in particolare del miele di barena, una tipologia rara dalla consistenza densa e dal sapore inconfondibile che “dal dolce lascia emergere una nota balsamica quasi amara”. Di conseguenza, questo miele è protagonista nella ricetta eseguita sul palco. Base del piatto una maionese realizzata con miele di barena, succo di yuzu e acqua  alternata a crema di sesamo tostato; si condisce con olio di sesamo e sale e si aggiunge del radicchio, che conferisce una nota amarognola di contrasto.  Infine, ecco i funghi shiitake cotti a pressione con sesamo di Ispica, frutti di mare (gamberi e capesante) scottati con succo di yuzu e ponzu ridotto “e, sopra, nuvole di riso e alcune api che ci  ricordano il viaggio della nostra vita".


Alfio Ghezzi, emotivamente coinvolgente e carico di amore per il carissimo amico scomparso è stato l'intervento di questo chef ben noto per la sua indiscutibile professionalità. Un ricordo articolato in due piani: quello, descrittivo del cuoco, con l’esempio di un piatto unico realizzato con cinque elementi dove i mieli monoflora tracciano la tessitura di tutta la ricetta".  E l’altro, assertivo, basato su personali indimenticabili ricordi. I due piani si sommano e "uno sorregge l'altro".
Finocchio, trota e miele di tiglio,  il primo piatto presentato. La barba di finocchio centrifugata con miele di tiglio (dal sapore deciso e note agrumate) e limone, viene abbinata alla trota marinata per 36 ore con sale e miele di tiglio, poi essiccata e tramata. Il secondo elemento del piatto è il miele di tarassaco, un miele "forte e dal gusto animale" abbinato alla mortandela (salume tipico della Val di Non) e racchiuso in un wafer di canapa. Con il miele di Erica, dalle spiccate note speziate, completa una pasta condita con pasta d’acciughe e burro affumicato. Nel quarto piatto "esce la spiritualità di Andrea, convinto che il miele avesse la capacità di unire la terra (i fiori) al cielo (le api)." Ecco quindi il miele di alianto, una pianta che si slancia per oltre 10 metri verso l’azzurro. Ghezzi prende spunto dal Medovik, tipico dolce a strati della cucina russa, e lo trasforma in un biscotto alternandolo a strati col miele di alianto, che ha una nota che ricorda l'uva e la frutta matura con un finale sapido e di umami. Con l' ultimo piatto Alfio vuole ricordare che c'è bisogno di un po' di follia nella vita: "è importante perdersi". Ed ecco il kombucha (bevanda russa fermentata)a base di tè nero affumicato e miele di sulla che si presta alle fermentazioni. Conclude il suo applauditissimo intervento con questa affettuosa citazione su Andrea:"Questo è il racconto di un uomo che si è nutrito di bellezza, verità e luce e che ci lascia bellezza, verità e luce»."


Ed infine Corrado Assenza. Il più che famoso maestro pasticciere del Caffè Sicilia a Noto, ha ricordato quanto grande sia stato l'affetto e la stima che lo hanno legato ad Andrea Paternoster, l’uomo che con i suoi studi, le sue ricerche e la sua scienza ha rivoluzionato per sempre il mondo del miele. “Andrea è stata una delle persone che ho frequentato con più affetto, stima, familiarità e umiltà. Abbiamo camminato insieme facendo chilometri ed esperienze e ci siamo “contaminati” reciprocamente».
Il ricordo è anche nella ricetta che Corrado Assenza presentò con Andrea nel 2011 a Identità di miele: “gelato di latte di capra con miele di fiori d’arancio”. Rispetto a quella versione, poiché siamo in autunno non c’è l’arancia, sostituita con il pomodoro ciliegino di Pachino sciroppato in uno composto di miele di fiori d’arancio. Insomma sapori  e sentimenti. " Un gelato candido come la neve "il gelato mio e di Andrea".


Massimilano Alajmo e Corrado Assenza: l'importanza degli artigiani
Sono trascorsi dieci anni dall' ultima lezione sulla sensazione lattica che Massimiliano Alajmo e Corrado Assenza hanno tenuto insieme sul palco di Identità Golose ed eccoli di nuovo a incantare la platea con il loro intervento.
"Quest' anno mi ero preso un anno di vacanza - imposto, non scelto - dedicandomi a rifare la casa". Così inizia Corrado Assenza, ma poi continua raccontando che è successo qualcosa che ha interrotto questa intenzione. E' stata la mail di una giovane fotografa di Padova che scriveva chiedendogli come fare un servizio sulla lavorazione delle mandorle in Sicilia. Dopo uno scambio di mail (lette al congresso da una voce fuori campo) Corrado apre le porte di casa sua alla ragazza indicandole un itinerario. Che fa conoscere anche a noi con un filmato molto coinvolgente grazie alla forza delle immagini e alla colonna sonora, "La Voce " cantata da Franco Battiato: in pochi minuti scorrono i luoghi di coltivazione, conosciamo i volti degli artigiani che lo riforniscono di mandorle, latte, pistacchi, agrumi e tanti altri prodotti. Corrado invia loro ancora un ringraziamento per il "lavoro incessante" che svolgono e passa alla preparazione on stage di uno “spaghetto cotto in brodo di paglia di grano -profumato dal sole di Sicilia- e condito con fiori di finocchietto infuso” commentando che "sa di buono". E conclude il suo intervento da uomo saggio quale è con queste parole: "difficile il mestiere di contadino, difficile il mestiere di pastaio, difficile il mestiere di allevatore, bello il nostro mestiere quando raccogliamo tutto questo e diventiamo noi stessi".
E’ il momento di Massimiliano Alajmo che afferma quanto  spesso gli venga richiesto di dare un messaggio ai giovani e il suo consiglio è quello di “precipitare dentro una pentola e capire quello che accade prima e dopo. Ci vuole coraggio, attenzione e sensibilità.” Massimiliano prepara live un riso portato a torrefazione in modo che interagisca col caffè tostato che  rilascia degli aromi che altrimenti andrebbero persi. Una volta cotto, il riso viene  mantecato con burro, formaggio, limone e patè di tartufo bianco naturale. Si completa il piatto con distillato di caffè (realizzato partendo dal caffè espresso in purezza), polvere di acciuga, cappero e sopra ancora del tartufo bianco.

Oldani e la sua lenta ripartenza
Davide Oldani si presenta sul palco accompagnato dal professore GianMario Verona rettore dell’ Università Bocconi di Milano il quale anticipa l’intervento dello chef. Per il professore, il cuoco moderno deve essere imprenditore come lo è Davide Oldani la  cui vena creativa trova riscontro oltre che nella ricetta anche nella strategia: a suo tempo s’ inventò la cucina Pop, una case history presentata con successo anche ad Harvard. Da parte sua  Davide ricorda come fino a 30 anni fa ad aprire un ristorante erano di solito un maitre o anche un somellier, in altre parole persone che sapevano accogliere: Sirio Maccioni, per esempio. Quindi sono subentrati i cuochi che grazie alla loro vena “più artistica e manuale” hanno dimostrato come dalla cucina possano emergere anche imprenditori in grado di creare una vera squadra. Ricorda inoltre che all’apertura del D’O, aveva proposto un menu a 11,50 euro non per una questione di marketing (parola che cofondeva con catering), ma per “stare secondo la sua possibilità di spesa”. Aveva a suo favore la conoscenza, che era tanta, quindi valeva la pena di metterla in campo senza fare troppo baccano. Infatti non ha mai tradito le aspettative di una cucina di qualità realizzata facendo anche “due conti”. Sottolinea che i giovani avviati alla professione di chef devono aver chiaro che prima delle fotografie vi sono tante cose da imparare… il fondo di vitello, per esempio. E quanto sia essenziale che s’innamorino di questo mestiere dando loro la possibilità di una vita diversa in cucina dove, oggi, gli orari sono a dir poco massacranti. In questo settore è assolutamente necessaria una riforma che preveda innanzitutto orari più flessibili e turni diversi. Senz’altro tali cambiamenti richiedeno tempo e buona volontà. Così per questa lenta ripartenza Oldani non poteva che scegliere una ricetta a base di chiocciole, quelle famose di Cherasco. Una ricetta non solo dalla cottura lenta, ma anche con un lungo procedimento di preparazione: le chiocciole dopo due giorni di salatura vengono lavate in acqua fredda, poi sbianchite, poi sgusciate e poi brasate. Infine adagiate su una crema di erbe si servono con una salsa ottenuta dal loro fondo di cottura e vino Franciacorta. A finire, guarnizioni di ravanelli e di germogli. Un piatto molto particolare ricco di contrasti in perfetto equilibrio fra loro. Dunque un ottimo chef allenatore e una squadra che offre risultati gustosi.

Tre chef in tre mari di sapori
Originale, interessante, divertente l’intervento di questi tre cuochi accomunati dal fatto di avere ristoranti aperti sul mare: l’ Adriatico per Cedroni, il Mediterraneo per Cuttaia, il Tirreno per Pascucci.
A ciascuno era stato proposto di creare un piatto partendo da un infuso che rappresentasse il loro mare per poi unire i tre infusi in un unico liquido che diventa ingrediente delle personali ricette.
Inizia il Tirreno con Pascucci preparando un brodo di tonno ottenuto marinandolo per una notte con erbe di duna, spezie, ginepro, zenzero e aglio delle isole. A questo brodo aggiunge acqua di pomodori fermentati, un’infusione di pomodori essiccati, ginepro e un'alga che apprezza particolarmente, la mastocarpus stellata, una tipologia riccia con un incredibile profumo di scoglio che riesce anche ad addensare il brodo. Il risultato finale è un infuso filtrato che si abbina bene al quinto quarto di pesce battezzato Bloody Mare.
Si scende in Sicilia con l’infuso mediterraneo di Pino Cuttaia. Lo chef ricorda che la cucina siciliana è stata sempre legata ai baratti, al contadino, al pescatore, al pastore. Per il suo infuso parte da una marinara, un cibo domestico a base di aglio, prezzemolo e pomodoro cui si aggiungono in un secondo tempo pesci di seconda qualità. Cuttaia taglia l’aglio a falde (per controllarne meglio la cottura), lo fa dorare e aggiunge del prezzemolo, il pomodoro e la pelle di cernia che rende più intenso il sapore. Dopo che la marinara ha raggiunto l'ebollizione, spegne il fuoco, butta la pelle e crea l’infuso chiamato “una marinara”.
Sosta sull’Adriatico con Moreno Cedroni. Lo chef marchigiano parte con un brodo di granchi tostati in olio extravergine cui aggiunge carote, sedano e pomodoro e poi, per estrarre il loro massimo sapore, mette nella pentola del ghiaccio per raffreddare il brodo che verrà riportato all’ebollizione. A questo punto si aggiunge un pesce allo chef molto caro, il paganello (un pesce povero che non manca mai nei brodi). Per evitare un infuso rosso come quello degli altri due colleghi, Moreno lo distilla facendolo diventare trasparente come l’acqua e chiamerà la sua ricetta “il brodo dell’infanzia”. I tre infusi, che rappresentano i tre mari, vengono mescolati sul palco e usati per eseguire la ricetta.

Gianfranco Pascucci propone un piatto “terra-mare” a base di germano e rana pescatrice. Con il petto di germano affumicato sopra i carboni, come se fosse un pesce, crea una tartare. Invece cuoce al cartoccio il fegato di rana pescatrice, lo salta in padella, lo emulsiona con alcune spezie e con il composto riempie uno stampo a forma di piuma. Il petto di germano e il fegato di rana pescatrice sono stati entrambi trattati per riempire degli stampi a forma di piuma e sottolineare così la differenza che c’è fra “una piuma e una squama”. Il piatto viene servito  con una cialda di miso e un cocktail composto dai tre infusi.

Pino Cuttaia chiamando “Dolce mare” il suo piatto si rivolge all’amato Mediterraneo. Lo affascina molto il fatto che tutte le persone che vivono sulle sue coste si nutrono degli stessi cibi: “ogni cuoco nella propria costa diventa ambasciatore di un territorio”. Per la sua ricetta ha scelto il cous cous (un ingrediente che accumuna tutte le genti sia della riviera sia dell’interno) e lo bagna con l’infuso che i tre  chef hanno realizzato in precedenza. Sempre con lo stesso infuso prepara una crema dolce utilizzando il carapace dei gamberi rossi. Finisce il piatto ricoprendo il cous cous con questa crema guarnita infine con pistacchi tritati e polpa di gambero crudo.

Moreno Cedroni invece ha lasciato in infusione delle erbe aromatiche raccolte nel suo orto sul mare: finocchio selvatico, timo, geranio, citronella per ricreare un fondo marino, come dire “bagnato”. Alla base del piatto ha cosparso una polvere, ottenuta dai granchi, che simula la ghiaia sul fondale. Applicando le ultime tecniche di liofilizzazioni crea un riccio di mare a forma di stella, un'ostrica e delle conchiglie ricavate da un mix di alghe. Poi ancora finocchio di mare e salicornia per ricreare il fondo marino. Sopra versa l’infuso caldo che sciogliendo i vari ingredienti forma una zuppa di mare densa e dal sapore intenso.