Il Blog di Mangiare Bene

Eventi Golosi

Terza parte
Identità Golose on the road

Proseguono, in rapide carrellate, gli interventi dei vari chef  con le loro ricette, quelle più facilmente realizzabili nelle cucine di casa. Chi volesse accedere a tutti i contenuti di Identità Golose on the road, può iscriversi direttamente (costa 49 euro) ai laboratori dei più noti fra protagonisti della cucina italiana. Ne vale proprio la pena!

 QUI per iscriversi.
QUI la prima parte
QUI la seconda parte
QUI la quarta parte

photo credit: Identità Golose


Massimiliano Alajmo
Il cuoco che parla agli ingredienti

 Massimiliano Alajmo, il tristellato chef di Le calandre,

è un cuoco che colloquia in cucina. Infatti nel suo incontro con Identità on the road  ha innanzitutto spiegato quanto sia  importante “ascoltare e anche frequentare” le materie prime impiegate nelle varie preparazioni. Cioè gli ingredienti forniti già da madre natura di specifiche potenzialità spesso nascoste che è molto utile esplorare per scoprirne valori inaspettati. Valori senz’altro da recuperare per interpretarne poi l’elaborazione culinaria in base alla cultura e alle documentazioni acquisite nella evoluzione del proprio lavoro. Alajmo ha poi ricordato che, oggi, nella cucina italiana è in atto un bel fermento con la riscoperta della filiera e con il ritorno a un tipo di coltivazione che rispetta i cicli naturali. Tra l’altro ha auspicato di poter condividere ed elaborare insieme ad altri colleghi pensieri con punti di vista diversi per arrivare a miglioramenti nel settore. Quindi è passato dalle parole ai fatti. Il primo piatto di Massimiliano è una zuppetta da lui definita“molto semplice e veloce”. I dettagli sono affascinanti a cominciare da un latte di mandorle ricco di note marine ottenute cuocendo per 24 ore a 75° le mandorle di Agrigento nell’ acqua d’estrazione di vongole e cozze. Le mandorle vengono poi frullate con poco olio di prugna (estratto dal nocciolo) e olio siciliano (di tonda Iblea). Una volta raffreddato, il frullato viene abbinato a un sorbetto salato di prugne aromatizzato con polpa di umeboshi, fermentato di miso, peperoncino calabrese, condimento bianco (aceto di Trebbiano profumato alla rosa damascata e aceto di prugna), lamelle di fungo pleurotus, ostrica e capesante leggermente tostate e, per  finire, mandorle di Agrigento. Il tutto con servite a parte cialde di riso rosso mescolato all’alga Nori tostata e fritta in olio extravergine di oliva e aromatizzata con una riduzione di salsa ponzu e polvere di alga nori tostata. Per il consumatore sarà senz’altro un suggestivo viaggio tra sapori nostrani e orientali. Viaggio che invita ad “ascoltare e anche frequentare”.
Il secondo piatto è un raviolo riempito di aria ottenuto grazie a una tecnica che consente una struttura della pasta diversa rispetto a quella tradizionale. Dalla sfoglia classica tirata sottile si ricava quanto basta per un raviolo che si gonfia (con una cannuccia da palloncini) e si frigge nell’olio caldo ritirandolo appena dorato. Quindi si fora la superficie per farcirlo con abbondante besciamella (fatta con olio e non con il burro) al caffè. Nel piatto di servizio il raviolo si presenta al centro contornato in parte da cime di rapa (scottate e saltate in olio, aglio, capperi e poca liquirizia), un giro d’ olio evo, una profumazione di anice stellato, un sentore di liquirizia (che stimola la salivazione) e del formaggio grattugiato. Per approfondire i vari step di queste ricette vi rimando alla pagina di iscrizione di Identità on the road.

Niko Romito
Il suo senso di reponsabilità

Niko Romito abita  Casadonna  in Abruzzo, dove a un’altitudine di 860 metri c’è  Reale il suo tristellato  ristorante nato dal recupero di un ex convento del 1500. Tutt’intorno una tenuta che comprende un vigneto sperimentale, un frutteto, un giardino di erbe aromatiche e spontanee oltre a una scuola-laboratorio dove studiano e fanno ricerca  giovani che vogliono diventare cuochi sul serio. Identità on the road è andata a trovarlo. Tanti i temi affrontati, in particolare gli attuali momenti difficili che la ristorazione sta vivendo. Un periodo di sospensione che però  ha aiutato Niko a ideare un’offerta inedita per conquistare un pubblico nuovo e diverso. In pratica lo chef ha deciso, d’accordo con i suoi allievi, di proporre un unico menu degustazione  che racchiude le esperienze dei suoi vent’anni di cucina: 15 portate a 150 euro. Un solo menu in carta, precisa, consente pochi sprechi e un sola brigata in cucina, soluzioni che gli permettono di abbattere i costi. Ed è  una idea che sta riscuotendo grande successo anche da parte dei suoi giovani cuochi-apprendisti che scoprono un nuovo tipo di cucina: una cucina di ricerca che non potrebbero fare a casa. E che ha portato al Reale una clientela nuova, quella dei giovani che percepivano il tipo di cucina del Reale, ma non la consumavano. Niko è sempre più convinto che un cuoco responsabile debba avere la capacità di creare modelli gastronomici più inclusivi per soddisfare sempre più persone facendo loro mangiare non solo del cibo buono, ma anche sano. Anzi, il lavoro di ricerca e di tecniche nuove che i cuochi sperimentano dovrebbero diventare materia di studio e per questo motivo è indispensabile inserire l' educazione alimentare nelle scuole per far capire a un maggior numero di persone che mangiare bene migliora la salute e di conseguenza diminuisce anche la spesa pubblica per l’assistenza sanitaria: il 48% delle malattie dipende da malnutrizione.
Alla domanda su quale sia fra i suoi piatti quello che può meglio costruire "il nuovo futuro", senza un attimo di esitazione ha risposto: l’ "Assoluto di sedano, carota e cipolla", un brodo fatto con tre fra gli ortaggi più comuni del nostro territorio, ingredienti dal gusto incredibile, 100% vegetale (cioè senza acqua ), salutare, senza grassi e che offre una grande soddisfazione palatale. Insomma, togliere più che aggiungere per cercare l’essenza. L’”Assoluto” dunque potrebbe diventare il brodo del futuro.
In queste brevi note ho riportato alcuni dei punti salienti dell’intervista  tra Paolo Marchi, ideatore  di Identità Golose ed ora, per far fronte al blocco imposto alla ristorazione  dalla pandemia, anche di Identità on the road. Cliccando QUI potete ascoltarla per intero.




Massimo Bottura
Siamo tutti sotto lo stesso cielo - We are all under thesame sky

Massimo Bottura è il cuoco che ha il merito di aver portato nel futuro la cucina della tradizione italiana richiamando l’attenzione di tutto il mondo su questa“nuova” cucina. Identità on the road  gli ha reso visita a Casa Maria Luigia, vicino Modena, dove lo chef ha creato un’area di grande e suggestivo confort. Intervistato da Paolo Marchi, Bottura ha invitato ad essere positivi e propositivi nonostante la diffusa insicurezza scatenata dalla pandemia, nonostante l’insufficiente aiuto da parte delle istituzioni. Insomma, di trovare la forza di andare avanti. Di imparare a gestire la quotidianetà.


Massimo Bottura: We are all connected under one sky.

Bottura, in questa occasione, fa un passo indietro e lascia la cucina ai ragazzi della “Francescana” che sono la sua famiglia: ognuno di loro cucinerà un piatto del  menu " With the little help from my friends”.Iniziano Francesco e Davide preparando due risotti. Quello di Francesco,"Strawberry fields but non for ever", è un risotto con gazpacho di fragole che parte dall’italiano “risotto fragole e champagne” degli anni 1980. Ma sostituisce lo champagne con il lambrusco, che abbinato alle fragole evoca il sentore di pomodoro. Alla base del piatto code di gambero di Mazara per dare un tocco di dolcezza e foglioline di basilico. Il tutto viene ricoperto dal risotto ben caldo e rifinito con una crema leggermente affumicata di mozzarella di bufala. Non è finita qui. La ricetta si è poi evoluta nel riso cotto in succo di uva fragola servito su un ragù di daino e di piccione, erbe aromatiche (timo, dragoncello) che danno freschezza e rifinito con succo di mirtilli del territorio. Entrambi i  risi sono serviti nella prima parte del menu, ma in ordine diverso. Michele presenta un pane annodato che sembra quasi un mini panettone, ma in realtà è una mille foglie di pane annodato  rifinito con miele biologico (prodotto nella azienda agricola di Maria Luigia) fruttato con retrogusto di pesca e  una spolverata di sale. A tavola si serve come un vero piatto subito dopo gli amuse bouche. E' il turno di Ale che prepara "Yellow submarine" il cui ingrediente principale è il rombo dell' Adriatico fritto a tocchetti  e poi adagiato su dischetti di risotto alla milanese polverizzato e disidratato, crema di ananas cotto in forno e decorazioni con i petali dei fiori colti nel giardino di Maria Luigia. Un "fish and chips" all' italiana. “If I wrong I'm right” è un piatto a base di merluzzo considerato da Bottura il piatto più importante del menu. Uno dei ragazzi,  Gè,  fa saltare il pesce in padella, lo passa poi al forno al vapore e lo presenta con ”foglie”  ottenute dalle bucce di topinambour e lo accompagna  con una salsa di curry rosso (foglie di curry, zenzero, kefir lime, cocco e lemon grass) . Karime, la giovane cuoca messicana che si occupa  di Gucci Osteria di Massimo Bottura a Firenze, presenta con delicatezza estetica un teschio formato da tostaditas di mais, erbe aromatiche dell' orto di Maria Luigia, lumache con mole rosso e ancora mole verde e mole rosso. E' il turno di Matteo con le animelle "Lovely Dina". L' animella, caramellata con una glassa di vitello leggermente inacidita, viene adagiata su  bottoni di crema di prugne e pepe affumicato e poi profumata con erbe aromatiche (basilico, nasturzio, aneto) sulla superficie. E' un piatto dalla freschezza incredibile servito con brodo bolllente di mele, prugne e geranio odoroso: un brodo molto acido che pulisce il palato aggiunge Bottura. Seguono, eleganti ed essenziali, i  ravioli "we are connected under one roof" che Choy farcisce con pancia di maiale cotta al BBQ e laccata con sciroppo di acero e macinata assieme a vongole di Palestrina. Un richiamo al New England "clam chowder", la famosa zuppa di vongole e pancetta.  I ravioli, cotti al vapore, si condiscono con una salsa realizzata soltanto con l'acqua dell' apertura delle vongole e una grattatina di lime. Questo è l’ "England clam chowder" rivisto da Choy. Spettacolare, una vera carezza per gli occhi, è la "Mille foglie di foglie" di Taka che racchiude tutti i sapori dell' autunno. Nel piatto, un riferimento all' albicocca, un sorbetto di crema di zucca bruciata, castagne e nocciole. E, sopra, foglie fatte a mano con verdure, funghi e tartufi. Un dolce che rompe i confini tra il dolce e il salato, rifinito con porcini, sale alla vaniglia e tartufo bianco che nei dessert sta molto  bene. Per ultime nuvole grigie "piene di freddo" frealizzate con zucchero filato e carbone e polvere di yogurt: un pensiero collegato al particolare momento che stiamo vivendo. Una sequenza di piatti straordinari, uno più buono dell' altro, uno più pensato dell’altro.
QUI per seguire l'intervento completo con i vari passaggi nell' esecuzione dei piatti.

Carlo Cracco.
La sua cucina spazia nella natura
Carlo Cracco in città, a Milano, nel suo ristorante in Galleria. Che vuol dire pieno centro cittadino dove lo ha incontrato Identità on the road. Però lo chef inizia sottolineando a Paolo Marchi come sempre  più  spesso nei suoi menu compaiono molti prodotti provenienti dalla sua azienda agricola di Sant'Arcangelo di Romagna con vari ettari adibiti a vigneti, oliveti e frutteti. Ed è molto fiero del grande orto biodinamico che crea una piccola biosfera completamente autosufficente all'interno dell' azienda. Un orto per davvero speciale dove si utilizzano semi antichi che fanno crescere prodotti unici al mondo, come una rapa dalla forma di carota proveniente da semi giapponesi del 1400. Delle vere chicche. Poi dalla campagna il suo pensiero rientra a Milano In Galleria. Affiancato dal suo braccio destro Luca Sacchi lo chef presenta alcuni piatti del suo attuale menu. Per esempio, il “panino di alghe e caviale di semi di senape”. Il panino si rosola brevemente in padella col burro, si rifinisce con semi di senape prima lasciati a lungo a bagno nell' acqua e poi lessati in brodo di pesce ridotto, quindi trasformati in caviale aggiungendo del nero di seppia che permette di ottenere l'aspetto e la consistenza del vero caviale. Sulla parte del pane rosolato si palma del burro emulsionato con  estratto di pomodoro a crudo (per dare un guizzo di acidità) e, sopra, abbondante caviale di semi di senape, un gel di scalogno, erba cipollina e un tocco d’olio al pomodoro verde. In pratica, la versione "Cracchiana" dei classici blinis con il caviale.Il secondo piatto, a base di cachi della sua azienda di Sant'Arcangelo, riassume l'esperienza e la visione del nuovo corso della sua cucina. Per  questo piatto lo chef sceglie i cachi, frutti che ritiene molto interessanti e che si prestano bene alla trasformazione. Il frutto ben maturo si taglia a metà, si nappano le due superfici con una crema pasticcera salata (montata con albumi a neve per renderla più soffice), su questa si spolverizza la granella di noce, quindi si pongono a  gratinare entrambi nella salamandra. Appena sono dorate le due metà vengono ritirate e la loro polpa, estratta dalla pelle, si adagia sul piatto insaporita con lo sciroppo di nocino. Ancora un altro piatto che è un "divertissement" e ha come protagonista le verdure dell’ orto biodinamico di Cracco. In una spessa crosta di meringa salata ottenuta con albumi montatl a neve, sale fino e grosso, cardamomo, caffè e cannella  vengono cotte  carote per un’ora a 160° in modo da ottenere un sapore molto concentrato. Le carote saranno tutte adoperate, ma in modi diversi. Nel piatto infatti si troveranno sottoforma di bottoni di purea; tagliate a lamelle e condite con olio di pistacchio, arancio e pepe bianco; abbrustolite in forno con un pizzico di peperoncino per spezzare  la dolcezza tipica di questo ortaggio. Non manca la rapa gialla appena scottata in acqua bollente e aromatizzata con curcuma e scorza d’arancia. Si finisce con la rapa giapponese (ricordiamo, ha la forma di carota) tagliata a  lamelle e marinata nell’aceto che diventa molto croccante in modo da variare le varie consistenze e i rarissimi germogli di amaranto che conferiscono un sapore vegetale molto intenso. Ne risulta un piatto che regala i sapori della verdura,  quella vera, quella che cresce in campagna curata da gente che non ha perduto l’amore e il rispetto della Natura.  

Philippe Léveillé. Il piacevole disinganno di una cipolla
Philippe Léveillé, chef stellato del ristorante Miramonti l'Altro di Concesio (BS), ha una carriera dove non mancano alcuni riconoscimenti stellati attribuiti ai vari ristoranti dove sbrigliava la sua fantasia, per poi imbrigliarla da vero professionista al momento opportuno. Francese di nascita, italiano di adozione durante la visita di Identità on the road ha presentato due piatti che hanno la particolarità di essere accumunati da un’unica tecnica - l' affumicatura - e  che sono anche la sua rivisitazione e rielaborazione di piatti ben conosciuti nel bresciano. La prima preparazione è un piatto a base di animella di vitello (la noce) bollita per 30 minuti nel latte e sale e una volta raffreddata messa sotto una pressa per ricavarne la giusta consistenza. Appena pronta l'animella viene salata e pepata sale e poi dorata nel burro. L'originale idea di Leveillè consiste nell' averla abbinata a un elemento del territorio: il capretto cotto alla bresciana, ovvero cotto in forno per due ore con burro, salvia, rosmarino e ricoperto con fette di lardo. Dalla cottura alla bresciana si passa ora alla cottura di Leveillé che trasferisce i soli pezzi di carne cotti al forno in un pentolone colmo d’ acqua in modo da ottenere una riduzione: cioè un fondo liquido, ma con il sapore del capretto alla bresciana. Si procede affumicando rapidamente l'animella che sarà servita a fettine irrorate con il concentrato di capretto. Per un altro piatto, dal romanzesco titolo "Disinganno di una cipolla alla veneziana",  lo chef parte da una cipolla ricoperta con fettine di guanciale adagiata su carta da cucina, poi trasferita su un letto di fieno e chiusa a fagotto. Fagotto cotto in forno per circa due ore a 120° e poi  lasciato raffreddare a forno spento. Una volta fredda e scartata la cipolla  viene velocemente affumicata a tavola davanti al cliente e poi servita appoggiata su una fettina di foie gras più due fondi di cipolla, uno più acido e uno più dolce. Riteniamo che sia davvero un bel gustoso mangiare. Altro che disinganno!