Il Blog di Mangiare Bene

Eventi Golosi

Quarta parte
Identità Golose on the road

Proseguono, in rapide carrellate, gli interventi dei vari chef  con le loro ricette, quelle più facilmente realizzabili nelle cucine di casa. In questa pagina troverete riassunti alcuni interventi relativi a Identità di Natura,  Identità di Pasta e di Identità di Pizza. Chi volesse accedere a tutti i contenuti di Identità Golose on the road, può iscriversi direttamente (costa 49 euro) ai laboratori dei più noti fra protagonisti della cucina italiana. Ne vale proprio la pena!

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photo credit: Identità Golose

Una pasta sorprendente
Per Carlo Cracco , lo spaghetto è "l'imperatore della pasta" (in Italia infatti è il formato più usato seguito da fusilli, penne e rigatoni). Per la sua ricetta "molto semplice e nello stesso tempo molto complesso" lo chef ha scelto lo spaghettone FelicettiInnanzitutto prepara un brodo con alcuni scarti di pesce (testa e coda) arrostit sulla griglia e poi cotti lentamente con l'aggiunta di zenzero fresco in modo da ricavarne un fumetto ambrato e gelatinoso che non ha bisogno dell' aggiunta di ulteriori grassi: un piatto leggero quindi.
Nell' attesa del fumetto si frullano i pomodorini gialli messicani (provengono dalla sua azienda agricola a Santarcangelo di Romagna) con 4 gocce di colatura di alici ottenendo una purea cruda e liscia che, con l'aggiunta del sentore affumicato del brodo risulta "come se il cuoco avesse usato il pomodoro arrostito". Infine la pasta scolata al dente si mette nella padella col fumetto e si lascia leggermente asciugare. Quindi si aggiungono i pomodori, le foglioline di sedano e una spolveratina di cucunci (frutti del cappero) essicati. Il risultato è un bellissimo piatto dal gusto molto persistente e, valore aggiunto, facile da replicare a casa. Lo chef vicentino consiglia di servirlo a temperatura ambiente: così"sembra quasi un' insalata".


Siciliana col gusto del Nord
Paolo Lopriore chef libero da ogni tipo di convenzioni nel suo ristorante il Portico di Appiano Gentile porta avanti piccole rivoluzioni gastrononomiche all’insegna del piacere della condivisione. In questo caso, prima di procedere con la sua ricetta, ha chiesto al suo amico pescatore e fornitore di spiegare che cosa sia il missoltino, uno degli ingredienti del piatto che presenterà. Dunque, il missoltino è l'agone, un pesce tipico del lago di Como che appena pescato, dopo essere stato pulito, eviscerato e fatto asciugare si mette sottosale per 24 ore. Trascorso questo tempo, viene appeso dalla testa su telai particolari ed esposto per 3 giorni al sole. Infine, sistemato a strati in una scatola di latta, si lascia per 3 mesi sotto un peso. L' agone così trattato si trasforma in un missoltino che per essere buono deve essere "dritto come un biscotto". Al momento di entrare in azione Paolo Lopriore rivela che per i suoi spaghetti con missoltino e uvetta all' anice è partito dall' idea della siciliana pasta con le sarde riproponendola però con un gusto "più del Nord". Quindi passa a preparare il condimento: centrifuga alcune foglie di sedano (contengono il 500% in più di vitamina C e di polifenoli rispetto ai gambi) e il succo ottenuto scolato e filtrato lo lascia riposare in modo che si rapprenda diventando come una gelatina. Intanto cuoce gli spaghetti al dente e, mentre li lascia raffreddare e asciugare, sfiletta e fa saltare in padella il missoltino spezzettato. Infine, usando abilmente le mani, condisce la pasta con poco sale, olio e la “clorofilla di sedano”. Quindi cosparge il tutto con il missoltino e con l' uvetta imbevuta di liquore all' anice, un sapore che ricorda quello del finocchietto selvatico della citata pasta siciliana con le sarde. Lo chef conclude il suo intervento affermando: "A Como si mangia il prodotto del territorio che è nato in un' altra regione."
Da parte mia, una notizia in più ai lettori più curiosi sull’origine dello strano nome missoltino, Leggenda vuole che derivi dal cognome di una bella turista svedese, Miss Holdin, che in visita a Como sul finire del 1800, per ringraziare i pescatori della gentile accoglienza insegnò loro la tecnica di conservazione del pesce per l‘inverno in uso nel suo Paese. Da qui la traduzione comasca in "missholtin".


Le felici commistioni di Andrea Berton.
Andrea Berton,
 uno dei più talentuosi Marchesi boys, a Identità on the Road  ha presentato due ricette a base di prodotti del territorio che non disdegnano però commistioni con altri sapori originali e accattivanti. Per Il suo "minestrone ordinato" ha dato la preferenza ai subbiotti Felicetti, un formato di pasta ideale per le minestre in brodo. S’inizia preparando un brodo di croste di Grana Padano e scarti dei vegetali scelti per il minestrone. Si procede cuocendo separatamente in questo brodo la pasta ele verdure (carote, patate, sedano rapa, barbabietola, zucca e zucchine) tagliate tutte nella stessa forma del subbiotto e inserite in tempi diversi -ma in quest'ordine- per ottenere una cottura omogenea.  A cottura ultimata entrambi s’insaporiscono in padella con un po' di olio e  si dispongono poi nel piatto in modo alternato e ordinato. Sopra si adagia una meringa di Grana Padano e, per finire, si versa il brodo caldo. Un minestrone senz’altro appetitoso anche dal punto di vista cromatico.
Lo spaghettino con mandorle, basilico e banana è invece un piatto che declina  verso il dolce e che lo chef  presenta come “finale di un percorso” nel suo menu degustazione. Si parte da una crema di mandorle (lasciate in acqua 24 ore) ottenuta prima mescolandole e poi frullandole leggermente addolcite con sciroppo di zucchero. Con questa crema ha condito la pasta cotta al dente e l’ha servita abbinata a una crema di basilico frullato con zucchero e poco limone che conferisce al piatto una leggera acidità. Per finire si cosparge una bella grattatina di banana congelata e poi foglioline di basilico tagliate a julienne e zest di lime. Un dessert molto fresco e soprattutto originale.  


La pasta monumento di Cristiano
Cristiano Tomei ,
 il simpatico cuoco-patron del ristorante L'Imbuto prima a Viareggio e poi a  Lucca, inizia dalla constatazione che fino a pochi anni fa la pasta di grano duro appariva poco nei menu dei ristoratori: anzi, se non un’onta, veniva infatti considerata una parente povera. Lui invece ha deciso di nobilitarla in quanto considera la pasta "un monumento gastronomico italiano che ha bisogno di un rispetto totale. E' un vanto". A conferma del suo credo ha presentato un piatto di “Pasta riempita di pasta”, soluzione originale che consente di riutilizzare quella cotta avanzata. Dunque, si passa questa al setaccio (mai frullarla!), si aggiunge pochissima farina e si stende con delicatezza il composto in modo da ricavarne una sfoglia. Da questa si ritagliano le basi per i ravioli da farcire con spaghetti spezzati cotti al dente e  brodo di pesce. Tale brodo, ricco di collagene, una volta freddo diventa una gelatina che, tagliata a spicchietti, si distribuisce sulle basi dei ravioli. Questi ben chiusi, adagiati in un cestello di bambù ricoperto con fogli di alga wakame, vengono cotti al vapore per pochi minuti. Trasferiti sul piatto, e una volta aperti, il brodo ritornato allo stato liquido diventa il condimento principe della ricetta di Tomei che esalta al massimo il sapore del grano duro. "Provocazione pura" è il nome della seconda preparazione: si tratta di pasta di grano duro condita con farina di grano tenero. Per prima cosa si lascia tostare in forno per 2 ore a 180°  la farina di grano tenero che deve essere di ottima qualità (facendo attenzione a non bruciarla!). Si procede lessando i Pennoni Felicetti in acqua aromatizzata con aglio e peperoncino a pezzettiMentre la pasta cuoce si prepara una salsina adoperando la sua acqua di cottura mescolata alla farina tostata di grano tenero. Una volta scolata la pasta al dente, prima si condisce con la salsa appena preparata  e poi  si ripassa in padella per qualche minuto. Il piatto si completa con olio di elicriso (il cui intenso sapore ricorda quello del curry) e abbondante olio extravergine di oliva che lo chef considera non un condimento (perché in questo piatto lo è la farina),  ma senz’altro uno degli ingredienti più importanti della nostra cucina nazionale.



Ragionato Istinto
Siamo a Fiumicino. Data la tipologia di questo ristorante Eleonora Cozzella, giornalista e presentarice di Identità di Pasta , ha definito Pascucci al porticciolo un gioiello incastonato in un territorio particolare. Infatti lo chef Gianfranco Pascucci ha trasformato la trattoria di famiglia di un tempo (un successo da centinaia di coperti!) in un locale di pochi tavoli e ha elaborato una cucina che gli consente di esprimere al meglio le sue ragionate intuizioni. Perché la sua volontà era, ed è, di far scoprire agli appassionati del gusto ed anche alle persone meno curiose i sapori spesso inavvertiti di alcuni nostri territori. Le dune, per esempio, apparentemente non hanno un sapore, ma riuscendo a trasmettere in un piatto quel loro sentore di erbe, si scoprirà che quella zona ha una identità, ovvero un sapore. E, per Pascucci, farlo conoscere, e nello stesso tempo tutelarlo, è diventato e continua ad essere un impegno naturale. Lo chef ha presentato a Identità due piatti di pasta molto originali. Uno battezzato Indispensa nel senso che tutto ciò che in dispensa si ripone diventa prezioso, soprattutto in alcuni particolari momenti. Come alcune conserve che, occorre ricordarlo, sono da sempre la base di un meraviglioso artigianato culinario italiano riconosciuto in tutto il mondo. Gli ingredienti di questa ricetta però sono altri sono altri, li ha colti dalle dune e li ha pescati dal mare. Partendo da un’ acqua di pomodori fermentati, con l’aggiunta di un’alga rosa (mastrocarpus stellatus) che ricorda il profumo degli scogli  si ottiene, quale suggestione!,  il “bloody di mare”. Si prosegue preparando un’ acqua di olive (olive in salamoia pugliesi centrifugate) da versare in una padella con un filo d’olio più il “bloody di mare”. Nella stessa padella si trasferiscono le penne ritorte Felicetti, cotte al dente e ben scolate, che si mantecano aggiungendo capperi sottosale fritti, sale di alghe e limone verde grattugiato. Così facendo la pasta diventa bella lucida e si rifinisce con una bottarga di tonno fatta in casa (conferisce al piatto un profumo di grotta) e del pil pil di baccalà. Insomma, sapori meditati e ben distinguibili, armonici in un unico piatto.
L’altra preparazione invece, battezzata Unico, trae ispirazione dalle numerose ricette “mare e monti” molto in auge da noi negli anni 1980. Dunque, ingredienti base il fegato di rana pescatrice cotto al cartoccio e il fungo porcino. Poi un brodo ricavato dallo scarto dei calamari saltati nello scalogno con l’aggiunta di un’infusione ottenuta dagli scarti della pescatrice e dall’acqua di conservazione dei ceci. In questo brodo si portano a cottura le tagliatelle di kamut da completare con il fegato e il porcino entrambi tagliati a lamelle, più té bantchà in polvere, lentisco anch’esso in polvere e bergamotto grattugiato. Il risultato è una pasta di inusitati sapori. O, più propriamente, una compenetrazione che sveglia il palato. 

Il buon tutto “a scarto 0” daValeria
Valeria Piccini 
è da sempre l'anima del ristorante da Caino di Montemerano (GR) che negli anni, sotto la sua guida, da semplice trattoria si è trasformato in un locale stellato che racconta a meraviglia la cucina del territorio, quella della tradizione maremmana. Un piatto, che Valeria definisce dal sapore "primitivo", sono gli spaghettoni Felicetti che, una volta lessati, sono ripassati in padella con un’emulsione di Grana Padano, grasso di manzo (ricavato da quello che cola dalle bistecche preparate al BBQ) e limone nero ottenuto dall’agrume tagliato con l'affettatrice e poi annerito in forno. La pasta servita a tavola viene rifinita con cuore di manzo essiccato e grattugiato che le conferisce un sapore inedito, più una purea di frutta cotta con un po' d’ aceto per avere una spinta di acidità. Gli ingredienti principali del secondo piatto presentato oltre ai subbiotti Felicetti ,  sono le castagne sia crude sottaceto sia cotte più un’estrazione di pane secco (fatto con lievito madre) che conferisce un sentore di abbrustolito e affumicato. Per prima cosa si prepara un brodo (osso di prosciutto e scarti di guanciale) fatto ridurre fino a 1/3 perché altrimenti risulterebbe troppo salato. Nello stesso tempo si lessano le castagne in acqua e olio e, una volte cotte, prima si affumicano e poi si frullano in modo da ottenere una crema dal sentore di affumicato. La pasta, cotta al dente in acqua non salata, viene glassata nel brodo di prosciutto e mantecata nella estrazione di pane secco. Nel piatto che arriva a tavola, alla pasta adagiata sulla crema di castagne si aggiungono foglie di cavolo nero cotte al vapore, castagne sottaceto e una spolverata di semola di grano arso per un ulteriore aroma di fumo e una ulteriore croccantezza. Un’altra conferma della sapiente evoluzione gastronomica della brava Valeria.


Pizze sorprendenti
Francesco Martucci è uno dei più noti pizzaioli campani. A 17 anni inizia a lavorare da solo in una sua pizzeria da asporto passando in pochi mesi da 20 pizze al giorno a 200! A 21 anni, nel 2001, inaugura  con successo a Caserta I Masanielli dove fino all’arrivo della pandemia sfornava 1200 pizze al giorno. Lo stop del covid-19 non lo scoraggia. Deve, vuole guardare avanti. Così, durante la quarantena, approfondisce le conoscenze acquisite, studia e ristudia nuovi lieviti madri, prova e riprova le cotture, analizza l'essiccazione delle verdure. E i risultati ci sono: le pizze elaborate sono migliori rispetto a quelle degli anni passati.
Di conseguenza, a Identità on the road  il tema del suo intervento è come “costruire un nuovo futuro” già pronto e battezzato: il “Futuro di marinara”. Una pizza che cambia un po’ le carte in tavola della formula classica, pur tenendo sempre presente che non c’è innovazione senza tradizione, per esempio quella della “marinara casertana” insaporita con capperi, acciughe, aglio, alici, origano e olive. La sua innovazione parte da un impasto con l’80% di idratazione ottenuto dopo 3 cotture consecutive a temperature diverse e in questo ordine: la prima a vapore a 100° per creare una patina sull’impasto esterno; la seconda, è una frittura a 180°; la terza, in forno a 380°/400°. Il susseguirsi di questi choc termici conferiscono alla pizza una consistenza molto particolare, fuori dal comune assicura Martucci. Come pure molto particolari sono i sapori distribuiti sulla superficie prima spalmata con una crema di pomodoro arrosto (ottenuta, per amplificare l’acidità del pomodoro, da pachino arrostiti con olio, aglio, origano, poi asciugati in forno e infine passati al mixer) e su questa l’aggiunta di pesto d’aglio orsino (dal sapore meno spigoloso e più delicato di quello dell’aglio classico), capperi di Salina, origano selvatico della Murgia, olive caiazzane. Quindi è il momento della sosta in forno a 380° per circa 2/3 minuti: la pizza adagiata sulla “bocca del forno” va girata di continuo con la pala perché risulti una caramellizzazione del tutto omogenea. Ritirata dal forno si aggiungono le alici sottosale di Trapani (ovviamente dissalate) che hanno una consistenza più consistente rispetto a quella morbida della tipologia sott'olio. E la pizza  arriverà a tavola croccante fuori, morbida dentro e tutta un sapore. Semplicemente strepitosa!
Riccia di mammà” è l’affettuoso nome della seconda pizza Marcuzzi. La ricetta mantiene lo stesso impasto della precedente “futuro di marinara”, mentre la superficie rivela un grandioso mix vegetariano di scarola riccia cruda, pomodorini datterini rossi e gialli confit, capperi, olive, più stracciata di vaccina. La cottura in forno avviene alla temperatura classica di 380°. Al ritiro, finitura con un filo d’olio a crudo e bottarga a scaglie di tonno rosso. Quante e quali sfumature sorprenderanno il palato? Acidità, amaro, croccantezza e cremosità! Sensazioni che resteranno in memoria.   

Le pizze di Franco dal pianterreno all’ultimo piano  
Franco Pepe è considerato fra i più grandi pizzaioli del mondo. Nel 2012in provincia di Caserta, a Casertano di Caiazzo, continuando la tradizione familiare che conta tre generazioni di pizzaioli, ha aperto  Pepe in Grani  dando  al locale un' impostazione diversa da quella delle pizzerie tradizionali. I clienti infatti trovano diversi “piani” e proposte per gustare le loro golosità: al pian terreno tutti possono assaggiare le pizze tradizionali a spicchi o a libretto al costo di due euro; al primo piano vi sono varie sale-degustazioni con molteplicità di offerte; all' ultimo piano ecco la sorpresa di Autentic, uno spazio riservato  soltanto a 8 clienti che possono vivere sotto la guida di Franco un' esperienza unica.  L’impasto della prima pizza presentata, la Mediterraneaè realizzato con una farina monococco di farro che offre il vantaggio di un basso indice glicemico, mentre la farcitura è ancora quella classica di pomodori, mozzarella e origano. Confezionata al cartoccio, un metodo usato negli anni del 1980 per l'asporto, Franco Pepe spiega di essere tornato a questa offerta tradizionale perché  è sostenibile, è poco costosa e mantiene bene il sapore della pizza nel tragitto dal ristorante a casa. Segue una variante che fa parte del Menu Funzionale studiato insieme a una biologa nutrizionistaSul disco di pasta da 200 grammi il pizzaiolo distribuisce un frullato leggermente salato di pomodori datterini gialli. Poi lo inforna per 7/10 minuti, lo sforna, vi aggiunge  i datterini rossi e quindi porta termine la cottura. Fuori dal forno completa la superficie con il fior di latte a pezzetti condito con un pizzico di polvere di aglio e di origano. Ultima finitura, la buccia di limone, un filo d’olio extravergine di oliva e acciughe di Cetara sottolio. La pizza viene presentata a tavola su un piatto particolare con foglie di radicchio e un "dressing nostrano" che equilibra i carboidrati del cornicione. L’ intervento dello chef si conclude con Acciugranauna pizza fritta servita a spicchi insaporiti con una fonduta fredda di Grana Padano di 24 mesi, acciughe, buccia di arance e di limone a filetti e una spolveratina di prezzemolo. Davvero deliziosa questa pizza fritta: leggera, saporita e quanto mai profumata.