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Eventi Golosi

La cucina è arte?
Riflessione sul mestiere di cuoco

Dopo la scomparsa del maestro, la Fondazione Marchesi, , ha dato vita a una collana di Quaderni di approfondimento sul suo lascito culturale. Nella  sede di via Bonvesin della Riva  è stato presentato nei giorni scorsi  il secondo quaderno della Fondazione  a lui intitolata che  getta le basi sul rapporto tra la cucina e le arti applicate, partendo dalle intuizioni di Gualtiero Marchesi. Sotto la guida di Eleonora Cozzella, moderatrice dell' incontro, ne hanno parlato alcuni dei contributori al quaderno e anche alcuni dei suoi allievi oggi chef famosi.Il professore Alberto Capatti, Presidente della Fondazione, ha aperto l’evento  spiegando che questi incontri non vogliono essere "una sorta di celebrazione di Gualtiero Marchesi" ma al contrario una discussione dove l'arte della cucina si mette in gioco con tutte le altre arti.

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Paola Navone, designer e architetto
Per questa famosa signora addetta ai lavori è difficile pensare alla cucina come arte perché "l'arte non si mangia, si consuma solo con gli occhi. Il cibo invece si consuma prima con gli occhi e poi con gli altri sensi." Inoltre  anche nei confronti del food design è convinta che "il designer più sta lontano dal cibo meglio è." Il cibo infatti ha una sua essenza che non ha bisogno del design e di conseguenza i cuochi non sono designer o artisti, ma i suoi interpreti. Però con una marcia in più.


Aldo Colonetti, filosofo, storico e teorico dell'arte e design
Il parere del professor Colonetti sul tema in discussione è stato molto calmo e preciso:"la cucina non è arte nel senso classico del  del termine perché si manifesta in un opera che comunque non è falsificabile”. Però, ha tenuto  anche a sottolineare, che  la sua non è una affermazione negativa nei riguardi di chi pratica questo mestiere  perché è un lavoro molto pratico che deve fare conti con infiniti fattori molto più complicati dello scrivere poesie...”. E, rivela, che anche il famoso architetto Renzo Piano si offende quando il suo lavoro viene definito arte. 

Massimo Tonelli, Direttore Editoriale Art Tribune, docente IULM
Secondo Tonelli, sempre di più in questi ultimi 10-15 anni c'è stata una convergenza straordinaria fra arte e cucina con dinamiche simili in entrambi i settori.  La figura del cuoco come può approcciarsi a queste dinamiche? Individuando due strade: fare l'artista ed essere artista. E ha spiegato che difficilmente si può parlare di arte quando si arriva ad un piatto, ma può succedere. Ci sono infatti alcuni requisiti che, se soddisfatti, portano a poter dire che un piatto può essere assimilato ad un ‘opera d'arte. Nel caso di Gualtiero Marchesi si può dire che lui si misurava con entrambe le pratiche, nel senso che ha fatto l'artista ed è stato artista.  Per esempio nel piatto " Riso e oro" il tocco veloce di posare la lamina d'oro sul riso è l'essenza di come si comporta un artista contemporaneo.
              

Davide Oldani, cuoco
Quando Davide ha iniziato a lavorare da Marchesi -che reputa un secondo padre - era troppo giovane per avvicinarsi al mondo dell' arte. Pensava infatti solo a fare i jus, la salse e a cucinare la pasta in modo corretto. Solo ora, rivedendo vecchie foto di via Bonvesin, si rende conto che era arte tutto quel mondo che girava intorno al suo maestro: dalle sedie Thonet alle sculture di Pomodoro e del Pezzo che abbellivano i tavoli. Che davano personalità al locale. Ma, tiene a precisare Oldani, vinceva sempre la sua “galleria” che era la sua cucina. I piatti di Marchesi, pur ricreando opere di grandi artisti, a prescindere dalla parte visiva, avevano anche il gusto. Che è la vera opera d'arte della cucina.


Pietro Leemann, cuoco
Per Leemann l'arte deve sempre suscitare un piacere e a suo parere Marchesi esprimeva una forma culturale molto alta. Nei suoi riguardi è stato un formatore, una persona di riferimento.Il Maestro era un uomo di cultura a 360°: amava la musica, si occupava di filosofia, frequentava l'intellighenzia milanese e spingeva affinché la cucina entrasse in una dimensione più alta. E quando inviava i suoi allievi a fare gli stage all' estero li esortava a non limitarsi alla cultura formale, ma di mirare a quella più profonda in modo da potersi migliorare come persona e, di conseguenza, nel modo di cucinare. Per Leemann i piatti di Marchesi erano l'espressione di quello che egli era: il prolungamento della sua grande personalità.