La seconda giornata di Identità Golose è stato un susseguirsi di interventi molto interessanti. Buona lettura!
QUI il resoconto del primo giorno
QUI il resoconto del terzo giorno
Massimiliano Alajmo e Corrado Assenza: Il Senso nei Sensi
E' la seconda volta che Massimiliano Alajmo e Corrado Assenza , grandi protagonisti della cultura gastronomica italiana e legati da profonda amicizia, condividono il palco di Identità Golose. La loro presentazione, intitolata "Il Senso nei Sensi", ha esplorato la profonda connessione tra i sensi e la gastronomia, enfatizzando l'importanza di "ri-umanizzare l'umanità" attraverso l'esperienza sensoriale del cibo. Massimiliano Alajmo inizia spiegando ai presenti la differenza che intercorre fra "sentire"( raccogliere dati attraverso un supporto di informazioni provenienti sia dal nostro corpo che da contaminazioni esterne) e "percepire"( rielaborare tutte queste informazioni attraverso l’esperienza, che non è conoscenza). Corrado Assenza aggiunge che "la conoscenza è la prima infarinatura, la prima goccia che comincia a riempire il vaso mettendo dentro, goccia dopo goccia, quello che poi chiamiamo esperienza ". Massimiliano prosegue riflettendo sulla tattilità, il "primo senso in assoluto che il bimbo sviluppa quando è ancora un feto", un senso che interessa solo il 18 per cento del nostro corpo e che noi collochiamo nel tatto manuale. C'è però tutta un altra parte di tattilità che noi usiamo senza neanche accogerci che è la tattilità orale che avviene principalmente la bocca, sede di un «tatto senza coscienza». "Quello che accade in bocca in realtà accade in testa: il gusto è il risultato di una elaborazione complessa che avviene nel nostro cervello anche se percepita solamente nella nostra bocca". Assenza interviene individua tre momenti in questo processo di elaborazione del gusto: "la percezione, che avviene con i recettori, la trasmissione delle percezioni stesse e la regia centrale che è affidata ai neuroni. E quando abbiamo questi 3 componenti si può dire che abbiamo elaborato un gusto dolce, salato, amaro, umami e acido. Si sta andando verso la scoperta di un sesto gusto, legato al calcio – spiega Corrado – perché è attraverso questo minerale abbiamo scoperto un chemiorecettore, ora dobbiamo soltanto scoprire i neuroni che lo decodifichino". Lo stesso potrebbe avvenire per il grasso o per il piccante, una sensazione interessante che lavora attraverso il trigemino in bilico tra dolore e piacere.
Massimiliano Alajmo: materiali e forme differenti conducono a esiti diversi sul piano della sensorialità
Per dimostrare quanto uno strumento che porta il cibo alla bocca possa influire sul gusto in una maniera incredibile, fa scorrere una serie di immagini di piatti creati appositamente per esaltare la sensorialità. Una forchetta con le punte recise e stondate che aiuta a cercare «la geometria in bocca» di una spumiglia ghiacciata con poco zucchero che con essa viene servita e una tazza che offre una diversa prospettiva per un Tiramisù dai lati; una salvia per labbra la cui trama accarezza la bocca del cliente e un palloncino di lampone e limone; un uovo all’ananas che gioca tra l’intermittenza della pungenza e la continuità del piccante; un cucchiaio di legno che va usato al contrario, mangiando dal manico alla coppa, una crocchetta di cioccolato e nocciola che riesce a produrre una sensazione di succulenza a partire da elementi secchi.
Corrado Assenza: l'importanza del gesto
Assenza torna in scena soffermandosi sul significato del gesto: quello di chi cucina, ripetendo azioni immutabili da millenni o in continua evoluzione; il gesto dei contadini, radicato nella tradizione; il gesto di lasciare, inteso come atto di conservazione e trasmissione di un sapere alle nuove generazioni. C’è poi il gesto che crea continuità, come la decorazione di un dolce di marzapane che incarna il suo archetipo. Infine, «il gesto di chi accoglie i clienti al Caffè Sicilia, sintesi di tutti i gesti di chi vi lavora».
Cinzia De Lauri e Sara Nicolosi: cucina vegetale femminile
Hanno aperto pochi anni fa, Cinzia De Lauri e Sara Nicolosi, alle porte di Milano un piccolo bistrot AlTatto, dove propongono una cucina vegetale caratterizzata da sostenibilità e creatività. Il loro percorso gastronomico nasce dal rispetto per la terra, per il lavoro artigianale, per le stagioni e per i prodotti del territorio. La loro è una cucina naturale ricca di gusti e colori. Sul palco di Identità hanno presentato 3 piatti: un “Risotto” con salsa di aglio al miele e salvia in polvere, qualche punta di muschio e foglie di cavoletti di Bruxelles, da servire con un orzotto di orzo di meliga coltivato
in montagna da Patrizio e Greta, storici fornitori del loro locale. A seguire un “Uovo cotto al vapore” servito con un caviale vegetale a base di petali di fiori, bergamotto e pepe nero. Segue la “Pechinese di funghi” versione vegetariana dell' anitra alla pechinese: funghi saltati in padella serviti con verdure invernali. Un piatto, esteticamente molto bello, da mangiare disinvoltamente con le mani. Non per niente hanno ricevuto il premio "La Miglior chef" per la Guida di Identità Golose ai Ristoranti d' autore 2025. Brave!
Jeremy Chan: una cucina senza confini
Nato a Hong Kong nel 1987 da padre cinese e madre canadese, Jeremy Chan ha vissuto tra Canada, Regno Unito e Stati Uniti prima di stabilirsi a Londra dove ha aperto Ikoyi, 2 stelle Michelin e 42esimo miglior ristorante al mondo. Inizia la sua lezione spiegando in un ottimo italiano (parla ben 7 lingue!) quale sia la sua visione di cucina: una cucina creativa, dove tecnica e struttura sono profondamente legate alla creatività. Descrive la sua cucina come "cattura di un sogno" che poi trasforma in realtà e il cucinare con le spezie gli permette di sognare per poi creare un' esperienza gustativa fuori dagli schemi. Passa poi alla presentare i suoi piatti: Animella e salsa verde - animella cotta confit per 2 ore in grasso di manzo, arostita in padella e caramellata con riduzione di alette di pollo e varietà di tecniche con le spezie usate in varie forme e salse vegetali; Riso affumicato con zabaione di astice e funghi caramellati alla birra scura "dai colori fantastci" e Choux alla lavanda, pepe di Andaliman con scorza di arancia rossa leggermente candita, un dessert molto creativo e speziato . Sono piatti a base di una eccellente materia prima, ricchi di note speziate e sapori e consistenze uniche che riflettono una vita vissuta tra culture diverse. La sua presentazione ha affascinato il pubblico, offrendo uno sguardo approfondito sul suo valore culinario innovativo.
Alberto Gipponi: il suo canellone d'aria il piatto dell' anno
E' chef patron del ristorante Dina a Gussago (BS), aperto nel 2017 e intitolato alla sua nonna. Alberto Gipponi ne ha fatto luogo di ricerca e innovazione. Sul palco inizia subito raccontando la genesi del suo " Canellone d'aria" che ha conquista il premio "Piatto dell'Anno" di Identità Milano 2025. E' un piatto che nasce da un'esplorazione dell'idea di "pienezza nel vuoto", invitando chi lo assapora a riflettere sulla materia e sull'essenza del gusto. Esteticamente ricorda un classico cannellone, ma il fatto che sia sotto rosolato e sopra bollito e manchi il ripieno dà una particolare centralità al morso. Importante è la sfumatura del burro e uovo. E' accompagnato dal gelato al tartufo che, pur essendo una crema all'uovo, quando si mangia prima il canellone e poi il gelato "l'uovo più uovo, toglie l'uovo". Lo gnocco dalla pronunciata texture è il risultato di una lavorazione termica della farina “Pasta Rock”, realizzata con la collaborazione tecnica del professore Davide Cassi. Ultimo suo piatto è Castagne e polenta: castagne essicate servite con una salsa al Cognac e una straordinaria polenta. Una coppia davvero straordinaria!
Marco Ambrosino: una cartolina del Mediterraneo da lasciare al futuro
Chef del ristorante Sustànza, situato nella Galleria Principe di Napoli, Marco Ambrosino è diventato un punto di riferimento per chi cerca un'esperienza culinaria che unisce tradizione e innovazione. Offrendo, inoltre, un viaggio appassionato nelle tradizioni del Mediterraneo, lontano da ogni stereotipo. Nel suo intervento ha sottolineato come il Mediterraneo sia per lui una fonte di ispirazione e rigenerazione, promuovendo un approccio anacronistico per evitare di perdersi nella quotidianità e mantenere una visione d'insieme. Sul palco porta un piatto di pasta "trattata nel modo peggiore possibile". Utilizza un fusillone, un formato di pasta che ha delle caratteristiche particolari di consistenza e di tenuta della cottura. L'ha poi messo in ammollo in un brodo di lische di pesce azzurro per 24 ore, in modo che si sfibra del tutto, poi lo tiene in frigo a 3° e lo rigenera con tutto il suo brodo cuocendolo per 12 minuti al vapore in modo che la pasta riprenda la sua consistenza. Fa marinare nell' aceto di vino di pasta, ingrediente inventato dallo stesso Ambrosino, il pesce azzurro (alici trattate solo con sale e zucchero e dello sgombro che ha fatto tre giorni di salamoia arrichita con con del tè). Quindi procede col montaggio del piatto: sotto sotto il pesce azzurro (sgombro e alici scolati dalla marinata), sopra i due fusilloni, uno cotto alla piastra e uno no in modo da far riflettere sulle diverse consistenze del morso. Poi c’è la salsa di pane servita tiepida, la colatura di melanzana "di quasi 2 anni che sembra un Marsala salato" e a finire viene aggiunto un olio ottenuto da olive cotte nel fuoco di fascine di legno, come da tradizione di piccole comunità palestinesi. In sintesi questo piatto è "una cartolina del mediterraneo da lasciare al futuro".
Giancarlo Perbellini: W le insalate!
Anno significativo, il 2024, per questo chef veronese: a marzo ha ricevuto il premio "Cuoco dell'Anno" durante la 19ª edizione di Identità Golose Milano, inoltre, a novembre 2024, il suo ristorante Dodici Apostoli a Verona ha ottenuto le tre stelle Michelin, coronando una carriera di successi e dedizione alla cucina italiana. Giancarlo Perbellini confessa che è tuttora frastornato e sta "ancora raccogliendo il filo per trovare il bandolo della matassa. E' un grande impegno ma è il mio mestiere". Sul palco presenta due insalate a cui si sente molto legato. La prima è una insalata di tonno che propone in forma di zuppa: una gelatina, tipo maionese, fatta con olio di vinaccioli viene stesa sul fondo di una fondina, ci si adagia sopra l'insalata romana tagliata a julienne condita con oliva taggiasca, olio di erba cipollina, olio extravergine di oliva, sale e pepe, buccia di limone, sedano e un caramello di acqua di pomodoro. E, alla fine, insaporisce con l'ingrediente principale il katsuobushi, filetti di tonno essiccati e affumicati e qualche fogliolina di basilico. La seconda insalata Perbellini la dedica a Maria Callas, "una persona dal carattere incredibile, acida ma di grande personalità". Parte da uno zabaione preparato il giorno precedente, con brodo vegetale, tuorlo d’uovo, olio di erba cipollina e parmigiano. che viene poi a inserito all' interno di un cespo di insalata romana baby svuotato al centro e poi ricoperto da carciofi lavorati in due modi differenti: marinati per due giorni e conditi con una julienne di menta e fondenti perché stracotti in un brodo di pollo, in modo da ottenere due differenti consistenze. Quindi il piatto si completa con una grattugiata di feta congelata, un omaggio dello chef alle origini greche della cantante, con guarnizioni di basilico e fiori eduli. Alla fine, davanti al cliente, il piatto si spruzza con dell' altro zabaione. Non c’è che dire: Giancarlo Perbellini è straordinario!