Il Blog di Mangiare Bene

Eventi Golosi

Patrimonio dell' umanità

Un Gran Bel Patrimonio
Viaggi, scoperte, scambi reciproci di cibi che non erano ancora cucina, ma crudité naturali quanto mai buone che poi, cotte, si sarebbero evolute in centinaia di ricette d’applauso. Così nacque e si portò a tavola la cultura del cibo. Che si rivelò un vero patrimonio per l’Italia, cornucopia di ogni ben di Dio. Un patrimonio accumulato e sempre aggiornato. Un patrimonio culturale-alimentare gestito da editori, imprenditori e consumatori consapevoli che valeva la pena difenderlo. Così lo scorso 27 giugno, nella sede milanese dell’Accademia Gualtiero Marchesi, in occasione degli abituali incontri intitolati I Martedì di Bonvesin de la RivaMassimo Montanari, scrittore, professore di storia e cultura dell’alimentazione all’Università di Bologna e collaboratore della famosa rivista “La Cucina Italiana”, al cui direttore Maddalena Fossati Dondero si deve l’iniziativa di aver  lanciato già nel luglio 2020 il primo dei sei numeri in cui sosteneva l’idea di far riconoscere la cucina della nostra terra “Patrimonio dell’Unesco”. Con il risultato che, oggi, l’attuale governo ha candidato «la cucina italiana tra sostenibilità e diversità bioculturale» come Patrimonio dell’Umanità. Nel frattempo, Mangiarebene racconta gli interventi di questo positivo bel martedì.


Il significato della candidatura
Enrico Dandolo, segretario generale della Fondazione Gualtiero Marchesi  e genero dello scomparso Maestro, dopo i rituali saluti di benvenuto entra subito in argomento ricordando che nel 2010 fece il giro del mondo la notizia della cucina francese indicata come patrimonio dell’umanità. In realtà le cose non stavano easttamente così:  non era la cucina francese ad esserlo, ma il rito della cena gastronomica proposto dai grandi ristoranti francesi, composto da un piatto d’entrata, da un piatto principale, seguito dai  formaggi e il dessert. Prosegue riicordando che sono circa 18 i riconoscimenti che l'Unesco ha riconosciuto nell' ambito del cibo e si rimane un po' perplessi sul criterio di scelta in quanto spaziano da piatti tipici  come il cous-cous magrebino, la lavash armena, simile al pane azzimo, la baguette francese, la pizza napoletana, il  borscht ucraino ma anche allo Street food di Singapore, alla Dieta mediterranea e al pasto alla francese, solo per citarne alcuni.
Passa poi alla presentazione  dei relatori: la Direttrice della Cucina Italiana Maddalena Fossati Dondero, il Prof. Emerito Massimo Montanari, il Cuoco Pietro Leemann, il Presidente di Federculture Andrea Cancellato e il professore Il professor Alberto Capatti  presidente della fondazione Gualtiero Marchesi. 
Nella foto da sinistra: Simona Marchesi, figlia di Gualtiero Marchesi e presidente dell' omonima Fondazione, Enrico Dandolo, Massimo Montanari, Pietro Leemann e Alberto Capatti. 


La cucina italiana tra sostenibilità e diversità culturale
Maddalena Fossati Dondero
inizia  il suo intervento affermando che, finalmente dopo tanti anni, il 23 marzo 2023 è stata presentata la candidatura della cucina italiana come Patrimonio Culturale Immateriale dell'UNESCO nel senso che non  vengono candidati ingredienti o ricette ma la cultura, la ritualità, la convivialità e la  sostenibilità e che la fase di analisi durerà fino al 2025. Ricorda inoltre che  si tratta di un processo complesso che richiede il coinvolgimento attivo del governo italiano, delle comunità locali, degli esperti culinari solo per citarne alcuni. È necessario presentare una documentazione dettagliata che dimostri il valore culturale e l'importanza della cucina italiana per il proprio Paese e per il mondo intero.


L'importanza del sentimento
Il prof. Massimo Montanari presidente del Comitato scientifico che ha curato la candidatura della cucina Italiana all'Unesco, nel suo lungo intervento ha sottolineato come la richiesta del riconoscimento all' Unesco è "la lista  del patrimonio culturale ed immateriale: un sentimento, una cosa che ha a che fare col significato sociale immaginario universale che la cucina ha per gli italiani che non sono i cuochi, gli agricoltori ma sono gli italiani". Ha inoltre affermato come questo sia un concetto molto inclusivo ma difficile da rappresentare. Per questo motivo si è cercato di insistere su alcuni concetti diversi che hanno a che fare con l'immateriale come il "sentimento della cucina, con il sentimento del cibo, con il sentimento dei luoghi:"  In Italia tutto quello che ha a che fare con il cibo ha un radicamento territoriale molto forte. Storicamente parlando da molti secoli (fin dal Medioevo) la nostra cucina viene percepita come italiana. E' molto importante il tema della condivisione di saperi, di ricette. Per esempio le cucine delle Corti non sono separate dal "mondo che sta sotto" perché sono molto legate al territorio, alla cultura popolare. I ricettari dell' epoca non contengono solo ricette di cucina di Corte ma anche diverse legate alla cultura comune come quelle inerenti all'uso delle verdure e delle erbe che non hanno uguali in nessun altro paese. Questo significa che la formazione del patrimonio gastronomico italiano da allora fino ad oggi è stata una creazione collettiva che ha tenuto conto dei saperi e delle pratiche popolari. Insomma un meccanismo "dall'alto verso il basso". Il sentimento dei luoghi è diventato il collante di una cultura del cibo che gli italiani condividono. All' Unesco serve riconoscere che esiste al mondo un paese con una identità molto forte fondata sulla condivisione delle diversità.


Una cucina conviviale
Pietro Leemann ricorda che stiamo vivendo un momento storico di grandi cambiamenti. Lo scopo del cibo consiste nel dare felicità. Di conseguenza il famoso chef sottolinea come  l' aspetto conviviale sia  proprio del  modo italiano di vivere la cucina:  uno lifestile per cui siamo unici al mondo. Aggiunge che una cucina  come la nostra che celebra la natura e la sostenibilità  sia emotivamente molto efficace.


La cucina è una branchia della cultura italiana
Il Presidente di Federculture Andrea Cancellato sottolinea come la mancanza di convivialità durante il periodo del Covid abbia fatto riscoprire cose che già c'erano ma che non apprezzavamo tanto da renderle così importanti e rilevanti da considerarle un elemento costitutivo della richiesta del riconoscimento Unesco.  La nostra cucina è oggi, finalmente e giustamente, considerata a tutti gli effetti una branchia della cultura e, questo importante riconoscimento ne sarà la conferma.

Una idea "fuori luogo"
Il professor Alberto Cappati conclude la conferenza rammaricandosi che durante gli interventi di chi lo ha preceduto non si sia mai pronunciata la parola " industria alimentare". Secondo il suo parere, non si può infatti fingere di non sapere che esista e di conseguenza disconoscere il suo importante ruolo a favore della cucina italiana. Grazie Professore: gli esami non finiscono mai.


Buona Musica e Buona Cucina
Un momento musicale, nato spontaneamente, conclude la serata. Infatti ricordando l’amore di Gualtiero Marchesi per la musica, e la sua felicità nel far suonare in occasione di alcuni eventi i nipoti musicisti, Guglielmo con la moglie Eugenia, di passaggio a Milano, si sono esibiti  in un duo violinistico con un piacevole brano del compositore ceco Jan Kalivoda.  E, dopo la musica il tradizionale brindisi, questa volta con un “Alta Mora” dell’azienda vinicola Cusumano di Partinico (PA), wine partner dei Martedì di Bonvesin de la Riva. Di conseguenza, in alto i calici con un Etna Bianco le cui note minerali hanno accompagnato con eleganza uno dei piatti iconici di Gualtiero Marchesi: gli spaghetti al caviale serviti nella scatoline Calvisius  di Agroittica di Calvisano (BS), il maggior produttore al mondo di caviale e sostenitore dei martedi di Bonvesin de la Riva. Bravi, bravissimi tutti.