Cotoletta o costoletta alla milanese
Le origini della Cotoletta alla Milanese sono radicate in quei Lombolos cum panitio, cotolette impanate e fritte, che furono offerte dall' Abate della Basilica di Sant' Ambrogio a Milano, nel lontano 17 settembre 1134 per la festività di San Satiro. Come riporta Pietro Verri nel suo libro Storia di Milano, il piatto apparve nel menu del banchetto di nove portate offerto ai canonici della basilica per questa occasione. Il primo riferimento alla cotelètta, dal dialetto milanese cutelèta, apparve solo nel 1814 nel dizionario dialetto milanese-lingua italiana scritto da Francesco Cherubini e pubblicato dalla famosa Regia Stamperia Imperiale di Milano. Nel dizionario il piatto viene definito cotoletta, ma vi è un ovvio riferimento alla cotoletta, perché il nome ha una chiara origine francese. Deriva infatti dalla parola "côte" o "côtelette", carne di vitello (sanato cioè alimentato col latte materno e non con latte in polvere) prelevata dalla costola con l'osso (il famoso manico), che in italiano corrisponde a costa, costola o costoletta. La prima ricetta invece viene citata nel libro di Giuseppe Sorbiatti Gastronomia Moderna (Milano,1855), in cui si parla di costoline di vitello alla milanese. Pellegrino Artusi nel suo Scienza in Cucina e l’arte di Mangiar bene ne propone addirittura una variante : un battuto di prosciutto "più grasso che magro", parmigiano, prezzemolo e "odor di tartufi" da spalmare sulla carne prima di impanarla. Per la sua buona riuscita è importante che la carne sia ben frollata in modo da risultare asciutta; così durante la cottura non perde acqua e si evita che la panatura si stacchi. Esistono due varianti fondamentali di questa ricetta e la differenza consiste nel battere la carne prima dell' impanatura oppure di utilizzarla nel suo spessore originario. In entrambi i casi si procede poi nello stesso modo: si pulisce bene il manico da eventuali impurità e la si passa nell'uovo sbattuto, la si ricopre di pangrattato o grissini tritati o anche il panko- il pangrattato usato dai giapponesi per friggere che conferisce una particolare leggerezza e croccantezza alla cotoletta - e la si fa rosolare poi in abbondante burro chiarificato da entrambi i lati, girandola una sola volta. Si otterranno così due cotolette di diverso sapore e ovviamente consistenza: quella piatta - la cosidetta orecchia d'elefante - sarà croccante con un sapore meno marcato di carne rispetto a quella lasciata nello spessore originario che presenterà invece un piacevole equilibrio tra il sapore della carne e quello dell'impanatura. In questo speciale trovate radunate insieme diverse ricette di cotolette alla milanese che contemplano queste due scuole di pensiero come anche altre che sono una rivisitazione in chiave moderna della ricetta originale: tutte da provare! E se le abbinate a dei vini leggermente frizzanti come la Bonarda, la Croatina o il Lambrusco saranno ancor più buone.