Il Blog di Mangiare Bene

Magazine

Pellegrino Artusi e il suo libro
La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene


Lo scorso Agosto in occasione del bicentenario della nascita di Pellegrino Artusi è stata presentata a Forlimpopoli la nuova edizione de "La scienza in cucina e l'arte di Mangiar Bene" edita dalla Nave di Teseo e curata da Fabio Francione.

Questo libro  venne pubblicato per la prima volta nel 1891, a spese dell’autore. Il libro di quell’agiato ma sconosciuto settantunenne, gastronomo per passione,commerciante a riposo, non aveva convinto nessuna casa editrice.
C’era stata sì un offerta di pubblicazione, ma a condizioni così umilianti, che Artusi, incandescente, dice lui, decise di rischiare del suo. Nel giro di vent’anni si susseguirono altre quindici edizioni curate dall’autore: il successo del libro fu graduale ma travolgente. Quando Artusi morì nel 1911, il suo nome era già diventato sinonimo di eccellenza gastronomica.

Piero Camporesi nell’introduzione alla “Scienza in cucina” (Einaudi, 1970) dice che il manuale artusiano, assieme al “Pinocchio” di Collodi e al “Cuore” di De Amicis, è uno dei capisaldi della cultura italiana ottocentesca.
Prosegue affermando che " La “Scienza in cucina”, oltre ad essere quel delizioso ricettario che tutti, almeno di nome, conoscono, svolse anche, in modo discreto, sotterraneo, impalpabile, il civilissimo compito di unire e amalgamare, in cucina prima e poi, a livello d’inconscio collettivo, l’eterogenea accozzaglia delle genti, che solo formalmente si dichiaravano italiane (Camporesi, op. cit., xii).


Animato dagli ideali borghesi di decoro, moderazione e buon gusto, l' Artusi ebbe il grande merito di imporre, per la prima volta, una visione unitaria ed economica della cucina italiana e la sua importanza è indiscutibile.
Selezionando dal ricchissimo patrimonio gastronomico delle varie regioni e dalla produzione libresca del passato, Artusi propose un modello di cucina nazionale che incontrò il favore del pubblico e che si impose alla lunga come punto di riferimento obbligato.


Il progetto artusiano si sviluppa secondo un tracciato i cui punti fissi ancora oggi tutti noi riconosciamo: i crostini di fegatini di pollo, gli spaghetti col pomodoro, gli gnocchi, il risotto alla milanese, il vitello tonnato, le scaloppine al marsala, le crostate di frutta e la zuppa inglese sono alcuni dei piatti che Artusi riuscì ad imporre dal Piemonte alla Sicilia come “piatti nazionali”.
In particolare fu proprio Artusi a canonizzare il binomio “pasta-salsa di pomodoro”: prima di lui, infatti, in nessun altro manuale di cucina si trova quello che sarebbe diventato il piatto simbolo della cucina italiana – si vedano la ricetta 86, “Maccheroni alla napoletana II” e la numero 6, “Sugo di pomodoro”.


Artusi diede una patria gastronomica alle classi medie. Ancora all’epoca della prima edizione, l’unificazione del paese era più virtuale che effettiva: in pochissimi parlavano italiano, gli infiniti particolarismi regionali e l’acceso campanilismo vanificavano gli sforzi unificatori dell’amministrazione sabauda. Attraverso le ricette di Artusi le classi italiane medie divennero sia più consapevoli dell’esistenza delle diverse regioni sia, allo stesso tempo, di appartenere ad un’unica comunità, la comunità degli italiani: i “Risi e luganiche” della cucina veneta (ricetta 42), i “Maccheroni con le sarde alla siciliana” (ricetta 88) e la classica “Zuppa inglese” toscana (ricetta 675), contribuirono non poco all’unificazione spirituale del paese, quanto meno a tavola.
Qui di seguito trovate alcune sue ricette che mi hanno particolarmente interessate e che poi ho rifatto con alcune variazioni.