Il Blog di Mangiare Bene

Eventi Golosi

In giro per Identità Golose 2022

QUI il primo giorno
QUI il secondo giorno


Giorni da Levoni!
Marella Levoni è una  signora che ha il dono di saper ricevere e di offrire agli ospiti i sapori della sua produzione derivati dal divin porcello senza il contorno di parole inutili. Tanto già i profumi parlano da soli. 

Dunque, iniziamo con le due sorprese di quest’anno a Identità Golose: la pizza “Profumo di Rosa” e “Sapori Selvatici”. Le ha firmate Denis Lovatel, creativo con misura, che ha disposto sulla base bianca della pizza un insieme di fior di latte, punte di radicchio croccante, mousse di ricotta di pecora, primo sale, chutney di frutti di bosco, mandorle tostate, il tutto ben calibrato con la presenza del Prosciutto Cotto. E sulla base dell’altra, sempre a base bianca, ha distribuito fiordilatte, asparagi selvatici, cuore di burrata, mimosa d’uovo e la vivacità della Pancetta Croccante. Il calore giusto della cottura, secondo noi, ha fatto sì che ogni ingrediente delle due preparazioni si esprimesse al meglio e la delicata croccantezza di prosciutto e pancetta solleticasse quanto basta il palato. 

Un altro ragazzo che promette e mantiene bene, Lorenzo Sirabella, ha presentato un tris che non va dimenticato. Nell’ordine: un cubotto integrale con Lardo Stagionato ai sapori, Crema di Fave e Fiore Sardo; una focaccia Maialino Tonnato con salsa Tonnata, Lombo di suino Affumicato, Polvere di Capperi e Sale Maldon; un’altra Focaccia Farcita con Porchetta Arrosto, Provola Affumicata e Cipolla di Montoro stufata.  Tutto giusto nella originalità sapida delle focacce, ma la particolare eleganza del cubotto va sottolineata: la piacevolezza dei tre sapori combinati è una “pensata” di viva intelligenza. Battimani, battimani.

Uova celestiali guardando la linea azzurra del Garda
A produrle direttamente sui verdi prati che scendono intorno allo splendore del Lago di Garda sono galline che pascolano felici in tutta libertà. No…no…no... non si tratta di galline evase da un pollaio dove vivevano prigioniere in precarie ristrettezze e quasi senza sapere cosa volesse dire uscire all’aperto e camminare, sì camminare. Le uova celestiali di cui parliamo sono piccole opere d’arte di super galline di varie tipologie nate libere e allevate solo con  granaglie biologiche certificate da persone che amano, il bello, il buono e il virtuoso estesi al mondo animale. Tra queste Federica Bin, madrina del progetto “The Garda Egg”, che ha esposto a Identità Golose uova celestiali e altre azzurre, blu, verde oliva, verde acqua, beige, marroni.

Tutte uova che nascono con il guscio naturalmente colorato da esemplari gallinacei di rango come l’Araucana andina, la Cream Legbar dal bel piumaggio dorato, la rossa del New Hampshire, le Marans dalle uova d’oro, la molto ornamentale Millefiori di Lonigo, la Livornese dalla bella testa e potremmo continuare. Ma, estetica a parte, quale godimento queste uova procurano al palato? Gli amatori le definiscono buonissime, profumate, delicate. Insomma, pare abbiano sfumature di sapori a dir poco indimenticabili. Allora, lasciamoci tentare da un uovo auracano azzurro soavemente poché, oppure cuociamo al tegamino un Cream Legbar il cui tuorlo ci guarderà grato per la nostra perizia nell’averlo lasciato morbido e luminoso come era appena nato. Oppure facciamoci una frittata…e che frittata con l’uovo dal guscio bianco di una generosa Livornese di super razza! Pensate, ognuna durante l’anno diventa mamma di 280-300 uova.

Gennari, una famiglia al parmigiano reggiano
Tino gestisce l’allevamento e le stalle; Andrea il “taglio”, Laura i negozi e con Paolo, il mastro casaro incontrato a Identità Golose, si è parlato di mucche e di fiumi di latte, di lavorazioni e di  battiture, di stagionature e di sapori differenziati. A questo punto, dalla teoria alla pratica, il mastro casaro ha proposto una “verticale” di tre forme stagionate rispettivamente 24, 36 e 46 mesi e realizzate, sempre rispettivamente, con il 53% del latte di Frisone, di Brune e di Rosse Reggiane allevate con ogni cura nelle stalle dell’azienda. Facendo appello al palato ricordiamo la dolce pastosità della scheggia frisona, la freschezza sorprendente della scheggia bruna, il carattere deciso di quella rossa reggiana. Come ricordiamo la cedevole granulosità della “polpa” che lasciava sul palato un velo o meglio qualcosa di simile a una leggera carezza. Come mantenere a casa tanta bontà? Semplicemente tenendo in frigo il pezzo di parmigiano reggiano avvolto in un foglio di carta argentata. Mai nella pellicola trasparente che, poveretto, non lo fa respirare.  

 

Quelle dolci “rosse” di Tropea
Ci faranno anche piangere quando le tagliamo a fettine o a spicchi con un bel coltello,  ma poi che gioia ci regalano quando crude o cotte le gustiamo! La cipolla rossa di Tropea  non potrebbe essere davvero più generosa di sapore, tanto che per la Calabria è onore e vanto da quando, secoli fa, i Fenici che andavano per mare ne lasciarono in quantità sulle sue coste. Tanto che la regione ne ha sempre fatto motivo d’attrazione  gastronomica-turistica organizzandole intorno sagre, feste, cerimonie, eventi come quello del prossimo maggio dove “lei” sarà protagonista in tanti modi e anche interpretata dagli chef più famosi. Qualche nome: il napoletano Giannino Esposito la mette sulla pizza. Il giapponese  Hirohiko Soda nella sua versione speciale di Tempura. Ires Corelli nella peperonata alla garabaldina. E, poi nel porto di Tropea, banchina sud, la promozione dell’eccellenza ittica e agroalimentare di tutta la Calabria. E, ancora, la cena “Tropea Experience”, in collaborazione con l’Unicef. Per un aiuto a quei bambini che nella loro terra,  l’Ucraina, con la guerra in corso hanno sempre meno da mangiare.